In America, e di riflesso in Europa, la Mindfulness sembra essere esplosa in una popolarità senza precedenti: il fenomeno è di tale portata da suscitare un dibattito intenso sulla Rete, a partire dall’articolo pubblicato da Ron Purser e David Loy sull’Huffington Post e titolato Oltre McMindfulness fino a interventi apparsi su The Guardian, sul New York Times e sulle maggiori testate occidentali. Mindfulness è promossa da membri del Congresso, dai CEO di Silicon Valley, è insegnata nelle scuole, negli ospedali e nelle caserme.

Le manifestazioni esteriori più evidenti di questo fenomeno sono: una proliferazione editoriale di centinaia di libri (e migliaia di articoli) che citano Mindfulness nel titolo; l’utilizzo di tecniche di Mindfulness in una quantità di testi e manuali che non hanno connessione diretta con Mindfulness intesa come tecnica di meditazione; marchi, loghi e merchandising che mostrano il termine Mindfulness sui loro prodotti. Mindful-Mayo-310x160Tutto ciò in un vorticare di siti web e di apps dedicate come headspace, mindvalley, OmHarmonics, calm.com, smiling mind, mindfulliving.net, spesso in una cacofonia di comunicazione che vede mescolati approcci più tradizionali, seri o rigorosi a quelli di contesto mondano e anche commerciale. Ciò che si può definire il movimento mindfulness americano è un fenomeno estremamente complesso e comprende tutti: da monaci ascetici che vivono nella natura selvaggia a newyorkesi alla moda; e tutto: da lunghi ritiri nel silenzio alla sezione fai da te di Amazon.

Ma quali sono le origini, la natura, i motivi, le prospettive di questa diffusione di massa? Come si è arrivati alla possibilità che mindfulness esista interamente fuori dal contesto buddhista e che non-buddhisti possano insegnare ad altri non-buddhisti una mindfulness di derivazione buddhista per curare la sofferenza mentale, raggiungere l’autoaffermazione e vendere libri, senza il minimo accenno all’ottenimento del nirvana? In che misura Mindfulness si radica nella tradizione buddhista e qual è il suo impatto sulla società americana (e su quelle occidentali)? A queste domande rispondono, in modi diversi, due interessanti studi: Mindful America: The Mutual Transformation of Buddhist Meditation and American Culture (America Consapevole: la reciproca trasformazione della meditazione buddhista e della cultura americana), di Jeff Wilson e pubblicato dalla Oxford Press, e The Birth of Insight: Meditation, Modern Buddhism, and The Burmese Monk Ledi Sayadaw (La nascita dell’insight: meditazione, buddhismo moderno e il monaco birmano Ledi Sayadaw), di Erik Braun e pubblicato da University of Chicago Press.

Mindful America

9780199827817Jeff Wilson, che insegna Religioni e Studi Orientali all’Università di Oklahoma, affronta, per la prima volta, esplicitamente il fenomeno della diffusione di massa di Mindfulness in America: non un libro sulla Mindfulness in sé, quindi, bensì su ciò che la gente pensa che essa sia, in un’indagine vasta e approfondita che intende essere distaccata, senza giudizio e che è comunque pervasa da una sottile ironia, spesso divertente e a volte tagliente (Wilson è buddhista). Jeff Wilson mostra come il buddhismo abbia perduto la propria immagine controculturale per essere assimilato nel cuore della cultura americana. La sua tesi è che “il diffondersi della Mindfulness in America è un perfetto esempio dei modi in cui il buddhismo penetra in nuove culture e ne viene addomesticato: in ciascun caso, le nuove culture prendono dal buddhismo ciò che esse pensano le solleverà dai propri specifici problemi e sofferenze, e in questo processo creano nuove forme di buddhismo che si adattano ai loro bisogni“. Il taglio è sociologico e sovrastrutturale ma al tempo stesso di grande leggibilità e si dedica a individuare le interazioni, le trasformazioni, i mutamenti culturali che si verificano in una società consumistica come quella americana nel momento in cui si apre in maniera massificata a pensiero e pratiche orientali. I capitoli sono organizzati per processi di adattamento, assumendo che ciascuno di questi processi sia finalizzato all’ottenimento di benefici pratici, così come è stato per la diffusione del buddhismo in Cina e in Giappone, e che ciascun utilizzo o definizione implichi una scelta di valori di riferimento.

Del libro di Jeff Wilson scrivo qui una sinossi complessiva, pur sacrificandone in parte la complessità e ricchezza di spunti di riflessione.

Meditazione in massa

044_Mass-MeditationErik Braun rintraccia l’origine della moderna pratica di Vipassana, che sta a sua volta alla base del movimento di mindfulness americano, in un momento particolare di rinnovamento politico e sociale della Birmania tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. Prima di allora, la pratica di Vipassana, che risale ai tempi del Buddha, era stata quasi completamente dimenticata nella tradizione Theravada, fino ad essere riscoperta e in qualche modo ricostruita a partire dai testi canonici da un gruppo di innovatori, con studio e sperimentazione, nel clima di cambiamento politico determinato dall’incontro tra un impero occidentale (la Gran Bretagna) e un regno asiatico (la Birmania).
A metà del 1800, in Birmania, questi testi del canone pali erano oggetto di venerazione perché si riteneva conducessero al nirvana, tuttavia venivano frequentati quasi solo da gruppi di monaci che li recitavano all’unisono. L’idea che si potessero realmente mettere in atto non veniva presa in considerazione. Erik Braun data l’inizio di questo processo di rinascita di una pratica così importante e diffusa oggi nel mondo, asiatico e occidentale, in un momento preciso: il 28 novembre 1885, quando l’esercito imperiale inglese conquistò il regno buddhista di Birmania.
Braun riassume il suo discorso in un articolo apparso su Trycicle.com il 14 novembre 2014 e intitolato Meditation en Masse, di cui riporto qui la traduzione italiana integrale.

Al di là degli argomenti specifici di questi due interventi, mi sembra che un aspetto interessante che li qualifica entrambi sia proprio il modo, tutto occidentale, di portare all’interno del discorso sul buddhismo categorie storico-causali, alla Max Weber per Wilson e alla Karl Marx per Braun. Al fondamento di questo sguardo sui fenomeni sta una valorizzazione della realtà convenzionale che può ricongiungerci al grande pensiero indiano di Nagarjuna, che fonda la possibilità stessa della realtà convenzionale, in cui viviamo, proprio sulla Vacuità. E’ questo un importante filo che riconnette il pensiero occidentale al quello orientale.

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